Le analisi dei 4 di Kappadipicche sulla crisi che stiamo vivendo, analizzata da 4 punti di vista indipendenti ma affini, fatte in modo semplici ed intelligenti. Da Kappadipicche : Buona informazione a tutti.
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Dopo le parole di Mario Draghi che ha definito per l'ennesima volta l'euro come una scelta irreversibile, arriva pronta l'analisi di Kappadipicche (Federico Nero) sulla ormai nota e drammatica situazione europea, che stride con quanto affermato da Draghi.
Da Kappadipicche : Irreversibile "La crisi europea continua a distruggere posti di lavoro. Entro la fine del 2013 ci saranno 19 milioni di disoccupati nella sola eurozona (oltre 7 milioni in più rispetto al 2008), un aumento senza precedenti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La crisi occupazionale colpisce soprattutto i paesi della periferia dell’eurozona, dove la spirale dei fallimenti è ancora in corso, mentre la Germania e gli altri paesi centrali hanno invece registrato una crescita occupazionale. Questa asimmetria è una delle cause dell’attuale paralisi politica dell’Europa, che si palesa nella successione (sempre più imbarazzante) di incontri al vertice tra i vari capi di Governo dell’Unione Europea, che si traducono in misure palesemente incapaci di arrestare la crisi in atto. Questa lentezza avrà conseguenze gravissime nel lungo periodo. Come previsto da parte della comunità accademica, la crisi sta rivelando una serie di contraddizioni nelle istituzioni e nelle politiche dell’Unione Monetaria Europea. Le autorità europee hanno preso una serie di decisioni che hanno, contrariamente a quanto annunciato, contribuito a peggiorare la recessione e ampliare il divario tra i paesi membri. Gli economisti diedero l’allarme fin dall’inizio e ancora adesso ci sono numerosi accademici che da più parti criticano in maniera argomentata e approfondita tutta la costruzione dell’Unione Monetaria e le misure d’austerità che la sostengono. Purtroppo, questo allarme continua a rimanere sostanzialmente inascoltato. Le autorità europee hanno scelto di adottare la fantasiosa dottrina della “austerità espansiva”, secondo la quale i tagli di bilancio dovrebbero ripristinare la fiducia dei mercati nella solvibilità dei paesi dell’Unione Europea e portare ad un calo dei tassi di interesse, e quindi, di conseguenza, la ripresa economica. Come riconosciuto dallo stesso Fondo Monetario Internazionale, oggi sappiamo che le politiche di austerità hanno effettivamente e INDISCUTIBILMENTE aggravato la crisi, provocando un crollo dei redditi che supera di gran lunga le peggiori aspettative. Anche i campioni della “austerità espansiva” ora riconoscono i loro errori ma il danno è oramai è fatto. Le autorità europee, tuttavia, stanno commettendo un nuovo errore. Esse sembrano essere convinte che i paesi della periferia dell’eurozona possono risolvere i loro problemi mediante l’attuazione di “riforme strutturali”, riforme che sono essenzialmente volte alla riduzione della spesa (delle famiglie sicuro), favorire la competitività e, quindi, favorire la ripresa trainata dalle esportazioni con la conseguente la riduzione del debito estero. Quindi, per competere con i paesi emergenti e “vincere” la “competizione globale” dovremmo TUTTI esportare verso i paesi emergenti. Non c’è che dire, una visione lungimirante, davvero. Anche se il punto di vista che vede i paesi della periferia come corrotti, inefficienti e ingolfati da una legislazione sbagliata pone in evidenza alcuni problemi reali, la convinzione che la soluzione proposta possa risolvere la crisi economica e salvaguardare l’unità europea è una pura illusione. Le politiche deflazionistiche applicate in Germania e altrove per costruire surplus commerciali hanno lavorato per anni – insieme ad altri fattori – per creare enormi squilibri nel debito e nel credito tra i paesi dell’eurozona. La correzione di questi squilibri richiederebbe un’azione concertata da parte di tutti i paesi membri. Per i paesi periferici dell’eurozona risolvere il problema senza aiuti significa sottoporsi a un calo dei salari e dei prezzi applicato su una scala talmente ampia da causare un crollo ancor più accentuato dei redditi e violenta deflazione del debito con il rischio concreto di provocare nuove crisi bancarie e paralizzare le attività produttive in intere regioni dell’Europa. John Maynard Keynes si oppose al Trattato di Versailles nel 1919 con queste parole lungimiranti: “Se prendiamo in considerazione che la Germania deve essere tenuta in povertà e che i suoi figli debbano morire di fame (… ) Se puntiamo deliberatamente a impoverire l’Europa centrale, la vendetta, oso predire, non tarderà ad arrivare.” Anche se le posizioni ora sono invertite, con i paesi periferici in difficoltà e la Germania in posizione di supremazia (in realtà relativa), la crisi attuale presenta più di una somiglianza con quella terribile fase storica, che ha creato le condizioni per l’ascesa del nazismo e la conseguente Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, la memoria di quegli anni terribili sembra essere perduta e la Germania e gli altri governi europei, stanno ripetendo gli stessi errori che sono stati fatti allora. Questa miopia è la causa principale delle ondate d’irrazionalismo che attualmente imperversano per l’Europa, dalla destra ultra-xenofoba al crescente sentimento anti-tedesco che continua a crescere. Mentre questa follia va avanti, un rapporto della Croce Rossa ha dichiarato che la crisi finanziaria in Europa ha lasciato 43.000.000 di cittadini senza cibo sufficiente per mangiare, definendola la peggiore crisi umanitaria da più di mezzo secolo. Il rapporto ha anche mostrato che circa 120.000.000 di europei sono a rischio povertà, soprattutto nei paesi che sono sottoposti in fase di recupero finanziario. Il destino dell’euro è segnato, nonostante i pezzi grossi insistano nel dire che “l’ euro è irreversibile”, che “ormai non si può tornare indietro” che “sì, l’euro è sbagliato ma….” , ecco, nonostante le loro parole, l’eurozona finirà, semplicemente perché non può durare. Purtroppo, anche se questa è una buona notizia, il rischio è che il crollo dell’eurozona porti con sé ripercussioni e rancori estremamente gravi, con ferite che sarà molto faticoso sanare. Finirà male, e ci sarà tantissimo lavoro da fare." Buona informazione a tutti. KDP:La Francia (€-scettica) detta l’agenda politica europea.E L’Italia? By @kdipiccheblog10/10/2013 Dai 4 di Kappadipicche ci arrivano notizie fresche dal Fronte Francese, soprattutto in merito al crescente euro-scetticismo della destra francese, che potrebbe diventare la corrente politica Europea che porrà fine al fallito e fallimentare progetto euro.
DA Kappadipicche : La Francia detta l’agenda politica europea. L’Italia resta a guardare "In questo nuovo contributo abbiamo deciso di occuparci della situazione francese e, in special modo, delle nuove istanze sovraniste ed anti-euro germogliate all’interno del movimento popolare di ispirazione gollista UMP (per intenderci, il partito di Sarkozy). Infatti, fino ad oggi era stata importata dai nostri mezzi di informazione la visione che in Francia, fatto salvo il Front National, nessun altro movimento avesse messo in discussione ed al contempo rifiutato l’adesione della Francia all’Euro ed alla stessa UE. E’ abbastanza curioso quindi scoprire che già nel 2007 l’UMP ha dovuto subire una scissione interna ad opera di una sua corrente di partito, i c.d. gollisti sociali. Quest’ultimi appartengono ad un ramo del gollismo, forse quello più originale e risalente, che non si appiattisce in una vuota idolatria del capitalismo ma che anzi tenta di correggerne i tratti qualora esso minacci le basi fondanti della democrazia sociale. Seguendo questo schema economico-politico il gollismo sociale ambisce dunque ad utilizzare i vantaggi determinati dall’efficienza allocativa delle risorse prodotta dall’utilizzo del capitale per orientarlo discrezionalmente in direzione di interventi pubblici a beneficio dello sviluppo della collettività. Per tener fede a questa impostazione ideale i maggiori esponenti della corrente, a seguito della definitiva rottura dei rapporti con i vertici politici dell’UMP in ragione del loro appoggio all’approvazione del referendum sul Trattato di Lisbona, hanno fondato il movimento “Debout la Republique” (“Alzati Repubblica”). Tale ambizione trova la sua genesi nel ruolo che da sempre il gollismo ha avocato a sé quale incubatore delle diverse voci presenti nella società francese e che trascende pertanto dall’inquadramento in uno spazio politico puramente di centrodestra, andando al contrario valutato come tentativo di costituire una sorta di “partito nazionale” che racchiuda al suo interno tutte le istanze della società. Calato in quest’ottica, l’obiettivo perseguito da questa giovane formazione politica, che ha presentato il proprio candidato, Nicolas Dupont-Aignan, alle elezioni presidenziali del 2012, è caratterizzato principalmente dalla necessità, per la Francia, di riappropriarsi della propria libertà economica e politica. La ragione per cui è emersa questa necessità risiede, secondo Debout la Rebublique, nei forti svantaggi scontati dalla Francia in conseguenza delle cessioni di sovranità alle istituzioni comunitarie e dell’adesione all’Euro. Si è infatti fatta avanti la convinzione che i successi proclamati al tempo dell’introduzione dell’Euro grazie alla “relation privilégiée” con il partner tedesco non abbiano dato i risultati sperati da chi, a Parigi, coltivava ambizioni globali: dopo aver infatti spinto per 20 anni sulla strada dell’integrazione totale dei paesi europei, la Francia oggi può definirsi ad ogni buon conto “vittima” dell’agognato meccanismo. La moneta comune e la politica estera e di sicurezza comune, i due pilastri del disegno strategico francese hanno, da un lato, prodotto gravi squilibri macroeconomici, e, dall’altro, consentito alla Germania di bruciare terreno acquistando sempre più spazio sulla scena internazionale. Inoltre, vari ambienti politici e imprenditoriali ritengono che il “Patto di stabilità e crescita” sia un freno alle capacità di innovazione e competizione industriale transalpina, da sempre incentivata attraverso l’ingente impiego di fondi statali. Queste sarebbero dunque le ragioni del forte ridimensionamento politico nel contesto internazionale e dell’inarrestabile declino economico del paese, entrambi a discapito della simmetrica e sempre maggiore prosperità della vicina Germania. Per far fronte a questa grave emergenza, il partito nel suo programma economico propone i seguenti rimedi: 1. Smantellamento dell’UE e creazione di agenzie di cooperazione a livello europeo; 2. Uscita dall’Euro e riacquisizione della sovranità monetaria; 3. Lotta alle delocalizzazioni delle imprese; 4. Sgravi fiscali per gli investimenti privati in Francia; 5. Separazione delle attività commerciali e di investimento delle banche; 6. Nazionalizzazione delle imprese attive nel settore energetico (EDF/GDF). A giudicare da ciò che appare dalla lista di priorità appena elencata, sembra decisamente condivisibile l’approccio seguito da Debout la Republique. Senza dimenticare che i punti sollevati sono speculari a quelli di alcuni nostri economisti (Alberto Bagnai; Claudio Borghi Aquilini) che, da circa due anni provano, con grande fatica, a diffondere nel nostro paese venendo coscientemente ignorati o snobbati da qualsiasi formazione politica. Tuttavia, nonostante il corretto inquadramento dei problemi, delle relative soluzioni e di, aspetto non secondario, sei anni di attività politica, Debout la Republique ha raccolto alle ultime elezioni presidenziali solo l’1,7% dei consensi. Le motivazioni per le quali il risultato è stato così basso si può ipotizzare vadano ricercate principalmente nel fatto che questi temi (sovranità monetaria e fiscale) sono già patrimonio della retorica del Front National il quale, utilizzando un linguaggio ben più diretto di quello dei gollisti, riesce ad attrarre sostenitori approfittando del loro evidente malcontento. E questo rappresenta a nostro modo di vedere un grosso campanello d’allarme per chiunque voglia combattere le derive autoritarie dell’Unione Europea assumendo sempre quale doverosa premessa giustificativa il rispetto dei valori repubblicani e democratici del proprio paese. A maggior ragione nel caso dell’Italia, paese che sconta un enorme ritardo su certi temi da parte delle forze moderate di centro-destra, meno che mai inclini a ripudiare il mantra del “più Europa” per assumere la difesa della sovranità nazionale. A ciò si deve aggiungere che, anche qualora si volesse immaginare di aderire a posizioni più radicali (ovviamente che avessero perlomeno al centro della loro battaglia politica la condanna dell’Euro), questi tentativi sarebbero ostacolati nella loro diffusione su larga scala dal forte retaggio antifascista presente nell’elettorato italiano, intimamente refrattario ad attribuire un vasto consenso a formazioni politiche di estrema destra. Quanto appena detto dimostra pertanto la pericolosissima situazione presente nel nostro paese, dove la classe politica, chi per malafede chi per ignoranza, non ha attivato in alcun modo (il centro-destra, ma ancor più il centro-sinistra, per fedeltà al progetto eurocratico) dei processi dialettici di autocritica interni tesi ad elaborare nuovi percorsi alternativi alla cieca obbedienza al cretinismo economico europeo. Ciò deve far riflettere se si immagina come molto probabile un ulteriore aggravamento della crisi economica con conseguente deterioramento delle relazioni tra i diversi paesi dell’Eurozona. In assenza di una piattaforma politica che negli anni abbia preparato il terreno per un confronto trasparente sui problemi reali del paese come si potrebbe pensare di poter affrontare degnamente una eventuale dissoluzione dell’area Euro ? Questo è un interrogativo che, secondo il nostro punto di vista, i politici italiani farebbero bene ad affrontare con estrema urgenza. Buona informazione a tutti. Kappadipicche in questo periodo è molto proficuo e ricco di analisi, ed infatti vi voglio proporre le riflessioni fatte da @FedericoNero in merito a QUESTO ARTICOLO apparso sul Corriere della Sera il 26 Agosto 2003 a firma di Tommaso Padoa Schioppa.
Quello che appare evidente è l'ideologia fortemente Liberista di Padoa Schioppa, che invoca le famigerate e dolorose Riforme Strutturali (alias taglio dei salari), e la minimizzazione dell'interferenza statale nell'operato del Mercato. Famoso è questo passaggio che sottolinea in maniera inequivocabile il pensiero di Padoa Schioppa : "...Nell' Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev' essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l' individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità..." Sembra evidente che l'ex ministro voglia sottolineare l'idea che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità, e che il dolore e la sofferenza che possono portate le Riforme Strutturali, serviranno a farci tornare Casti e Puri. Da Kappdipicche : ESSI DICONO Episodio 4: Berlino e Parigi, ritorno alla realtà Buona Informazione a tutti. I 4 di Kappadipicche hanno fatto un'attenta e precisa analisi delle parole pronunciate dal Premier Letta al Senato, riportando alcune "lievi" imprecisioni del discorso, smentite dai dati ufficiali. Essendo necessario leggere tutto il post, non posso fare altro che riportarlo per intero, fornendovi il vademecum di lettura di Kappadipicche : Essi Dicono: Episodio 5. Letta al Senato "Ieri ci siamo fatti tutti un pò del male. Diciamocelo apertamente, non è stata una bella giornata. Il #Pude è vivo e potente e dà il via a curiosi teatrini, ma commette errori, come lasciare video documenti e trascrizioni di discorsi. Tutte cose che possono essere smontate con un pò di Fact-Checking Ecco alcuni Highlights del discorso di ieri del presidente Enrico Letta al Senato. Sono pure perle di #Pude. In corsivo le parole del premier. In rosso le “lievi imprecisioni”. In arancione i link. Tra parentesi e sottolineato considerazioni e Fact-Checking." Buona informazione a tutti.
Questa volta i 4 di Kappadipicche l'hanno fatta "grossa", infatti hanno realizzato una splendida video-intervista al giornalista Dimitri Deliolanes, per chi non lo conoscesse : "...Dimitri, giornalista professionista, corrispondente della ERT (Radiotelevisione Pubblica Greca) per il nostro Paese da 30 anni. Ha prodotto documentari sulle relazioni tra Italia e Grecia, ha studiato la strategia della tensione e il terrorismo italiano e ha tradotto in greco diverse opere della letteratura italiana. Nel 2010 ha pubblicato ad Atene una biografia critica di Silvio Berlusconi. Nel 2011 ha pubblicato per Fandango Libri il saggio Come la Grecia. Suoi articoli sono stati pubblicati da Limes, il Manifesto, il Foglio e Internazionale..." Oltre ai libri già citati, Dimitri ha recentemente scritto un libro sulla nascita e l'ascesa del movimento neonazista greco denominato Alba Dorata, dal titolo "Alba Dorata. La Grecia nazista minaccia l’Europa”. Come abbiamo già visto QUI, e come viene confermato nell'intervista, la crescita del movimento neonazista è stata alimentata dalla violenta austerità imposta dall'€uropa via Troika. Nel video viene inoltre affrontato un discorso generale sulla situazione attuale della nazione ellenica, che per molti aspetti è peggio di quella che ci si può immaginare. Da Kappadipicche : Intervista a Dimitri Deliolanes Buona informazione a tutti. Come sappiamo i 4 di KDP stanno seguendo da vicino il percorso di svendita del nostro paese, che purtroppo il PUD€ sta portando avanti con vergognosa determinazione. Il caso più recente (ma non sarà l'ultimo purtroppo) è quello di Telecom, acquistata in forte svendita dalla Spagnola Telefonica, che come ci ricordano su KDP : "...È recentissima la notizia della svendita di Telecom a Telefonica, un altro importante asset strategico che passa in mani straniere… Telefonica (che ha 66,8 miliardi di debiti) compra Telecom (che ha 40 miliardi di debiti) presumibilmente con i soldi che sono serviti a salvare le banche spagnole, non dimentichiamo ad esempio il salvataggio di Bankia con soldi europei (100 miliardi di euro) Per dire… Tra i maggiori azionisti di Telefonica c’è La Caixa e Banco Bilbao (thx to @AleGuerani) Abbiamo perso il controllo di Telecom dopo aver ceduto: Omnitel (ora Vodafone), Wind, Fastweb e H3g..." La cosa assurda e sconvolgente, è che fra gli azionisti e quindi la proprietà di Telefonica, ci sono alcune delle banche Spagnole che abbiamo contribuito a salvare con una parte dei 50 miliardi di euro che abbiamo versato nei fondi EFES ed ESM. Praticamente abbiamo finanziato indirettamente Telefonica per fargli comprare in saldo Telecom! L'osservazione che fanno su KDP è assolutamente condivisibile : "...Gli asset strategici DOVREBBERO essere considerati beni di prima necessità nello sviluppo e nel futuro di un paese… Vi siete dimenticati che fino a qualche mese fa ci si riempiva la bocca parlando di AGENDA DIGITALE,alta informatizzazione delle scuole, telelavoro e cose del genere? (Lim ed altri strumenti ad alto contenuto tecnologico-digitale atti a far progredire un paese)..." e riportano un appello apparso sul Correre della Sera nel 2011, che vi riporto anch'io : "L’Italia riparta da Internet e dalla tecnologia Per i giovani che si costruiscono una prospettiva, per le piccole imprese che devono competere nel mondo, per i cittadini che cercano una migliore qualità della vita, l’opportunità offerta dalla tecnologia è irrinunciabile. Il XIX secolo è stato caratterizzato dalle macchine a vapore, il XX secolo dall’elettricità. Il XXI secolo è il secolo digitale.(E noi abbiamo pensato bene di svendercelo) La politica ha posto la strategia digitale al centro del dibattito in tutte le principali economie del mondo. Ma non in Italia. Eppure in Italia metà della popolazione usa Internet. La tecnologia è parte integrante della vita quotidiana di milioni di cittadini. Studenti, lavoratori, professionisti e imprenditori si confrontano costantemente con i rischi e le opportunità determinate dall’innovazione tecnologica. Siamo convinti che affrontare con incisività questo ritardo, eliminare i digital divide, sviluppare la cultura digitale con l’obiettivo di conquistare la leadership nello sviluppo ed applicazione delle potenzialità di Internet e delle tecnologie, costituisca la principale opportunità di sviluppo, con benefici economici e sociali per l’intero Paese. (Opportunità e dolci frutti che verranno colti in Spagna, in parte con soldi nostri.) Ci rivolgiamo a tutte le forze politiche, nessuna esclusa, sollecitando il loro impegno a porre concretamente questo tema al centro del dibattito politico nazionale. Chiediamo, entro 100 giorni, la redazione di proposte organiche per un’Agenda Digitale per l’Italia coinvolgendo le rappresentanze economiche e sociali, i consumatori, le università e coloro che, in questo Paese, operano in prima linea su questo tema. (L’agenda digitale è stata redatta e stampata. Su morbida carta scottex) Richiamiamo l’attenzione di tutte le forze politiche, gli imprenditori, i lavoratori, i ricercatori, i cittadini, perchè non vedano in queste parole la missione di una sola parte, ma di tutto il Paese." Ovviamente l'appello è rimasto inascoltato... Nel post di KDP è stata inserita anche una chicca, il video di Benito Livigni, assistente personale di Enrico Mattei (ENI), che racconta molti retroscena dell'assasinio di Mattei e dei suoi legami di collaborazione con Kennedy, che vi ripropongo e vi invito a vedere. In attesa che anche Alitalia venga regalata ad Airfrance, vi lascio alla lettura su KDP di :
Serva Italia. Buona informazione a tutti. Dopo il primo post pubblicato dai 4 di KDP "Essi Dicono", ne arrivano altri due a chiudere il cerchio intorno alle figure del Premier Letta e del Presidente Napolitano in merito alla loro visione €uropea.
Come abbiamo visto nel precedente post che trovate QUI, Napolitano nel messaggio che invia al criptico ed opaco forum Ambrosetti, esterna tuti i suoi timori e la fretta di portare a termine il progetto USE. Con il secondo post della serie essi dicono dedicato a Letta, viene tradotto il discorso che il nostro premier ha fatto il 10 Settembre al Brugel, che trovate QUI in inglese. Leggendo l'appassionato discorso che Letta rivolge ai membri del brugel, si nota nelle sue parole (come in quelle di Napolitano) sia una cieca e totale devozione verso il progetto degli Stati Uniti d'Europa, da realizzare ad ogni costo, sia la consapevolezza che la crisi economica (che ormai in alcuni casi come quello Greco diventata vera e propria crisi umanitaria), sta portando una profonda disaffezione ed un crescente rifiuto degli elettori nei confronti del sogno USE. Si coglie inoltre la determinazione con cui anche Letta, al pari di Napolitano, proponga il percorso da intraprendere per raggiungere l'obiettivo massimo €uropeo, ecco alcuni passaggi : "...Sono pieno di ottimismo ma non credo che la crisi sia alle nostre spalle e che possiamo distogliere l’attenzione dalle sfide economiche. Alcuni leading indicators ci dicono che l’economia si sta riprendendo nell’eurozona. La fiducia sta tornando. Comunque, la ripresa è fragile e ineguale. La disoccupazione rimane drammaticamente alta in molti Stati Membri, come in Italia. C’è molto lavoro ancora da fare. Ciò che voglio dire è che non ci mancano le opportunità di dibattere gli aspetti tecnici della politica economica e monetaria dell’UE. Parliamo molto meno delle fondamenta politiche necessarie a costruire una UEM e una Unione Europea adatta alle sfide del presente...." "...L’Europa tornerà alla lavagna e fisserà una nuova serie di priorità e obiettivi per il futuro. E i prossimi cinque anni segneranno una fase cruciale per l'evoluzione dell'Unione. Saranno il momento di scegliere se vogliamo fare un salto in avanti, e progredire verso una nuova fase nella vita dell'Unione Europea. Voglio che la Presidenza italiana sia un punto di collegamento, un momento nel quale si concluda l'adozione delle importanti misure lanciate nel 2013, dall’unione bancaria all’unione economica e fiscale e si rifletta sui passi più grandi necessari per avere una stabile funzionamento dell'UEM e una più forte Unione Europea..." Già in questa prima parte si nota la consapevolezza di Letta in merito alla crisi e il suo essere pronto a fare tutto quanto necessario per portare avanti l'UEM e il progetto USE. Continuando nella lettura si trovano altri punti significativi del discorso : "...Il simbolo evidente di questo cambiamento è che quest'anno tutti gli Stati membri dovranno inviare i loro progetti di bilancio annuali a Bruxelles in linea con i requisiti indicati nel "two pack". Questo sistema riflette il principio, che "le politiche economiche sono una questione di interesse comune". In breve, l'interdipendenza richiede responsabilità. Lasciatemi solo dire qui che questa nozione di responsabilità è già al centro della politica economica perseguita dall’Italia. Il governo è determinato a mantenere il deficit pubblico sotto il 3% quest'anno e negli anni a venire. Abbiamo uno dei più grandi avanzi primari dell'area dell'euro. Abbiamo stabilizzato la spesa a lungo termine per l'assistenza sanitaria e le pensioni. Per migliorare la competitività e il potenziale di crescita della sua economia, l'Italia ha attuato un forte programma di riforme. Nei prossimi mesi si aggiungeranno nuove misure per accelerare la giustizia civile, creare un ambiente migliore per le imprese, ridurre il cuneo fiscale sul lavoro per rilanciare l'occupazione. Lanceremo un programma specifico, “Destinazione Italia”, per attrarre investimenti esteri privati ei privatizzare beni di proprietà dello Stato..." Questo passaggio mi sembra cruciale per due motivi, il primo è che Letta ci tiene a sottolineare la fedeltà del suo governo a rispettare tutti i vincoli €uropei, riguardanti una cessione sempre maggiore di sovranità a Bruxselles, il mantenimento nei limiti stabiliti del deficit annuale e dei conti pubblici di lungo periodo e la conferma dell'imminente Svendita delle eccellenze Italiane, come anticipato da Saccomanni QUI. Altro passaggio che evidenzia il pensiero fortemente Liberista di Letta, e fa emergere anche l'evidenza del Postulato di Istwine, è questo: "...Passiamo ora al mercato unico (2). Il mercato unico è la migliore risorsa dell'Europa per rilanciare la crescita. L'integrazione dei mercati può anche svolgere un ruolo nel riassorbire gli squilibri interni nella zona euro. Eppure, nonostante l'investimento politico del Presidente Barroso e del Commissario Barnier, con gli Atti del mercato unico I e II, nonostante le diverse conclusioni del Consiglio europeo, il progresso è molto lento. Ovunque vediamo segni di un rinvigorito nazionalismo economico. Possiamo invertire questa tendenza e fornire reali mercati aperti solo attraverso la discussione di un elenco di nuove direttive o regolamenti? Non credo. L'unico modo è di costruire il consenso per un nuovo approccio politico. Finora abbiamo liberalizzato i mercati nazionali, incoraggiando le imprese private a operare a livello transnazionale. Il risultato è un mosaico di mercati nazionali collegati, piuttosto che un vero mercato unico. Abbiamo bisogno di campioni europei, operatori che siano veramente attivi su scala continentale. Oggi abbiamo campioni nazionali, banche nazionali, compagnie energetiche nazionali, società di telecomunicazioni nazionale. Per fare un esempio, in Europa abbiamo 100 operatori di telecomunicazioni. Sono 5 negli Stati Uniti e 3 in Cina..." Ma come, il mercato unico, il libero mercato che crea concorrenza e favorisce la ricerca, gli investimenti e il risparmio per noi cittadini, e Letta si lamenta che in Europa ci sono 100 operatori telefonici? E porta come esempi gli USA e la Cina che hanno un regime di Oligopolio nelle telecomunicazioni? In fondo non c'è da meravigliarsi, le istituzioni NON elette europee sono espressioni delle Oligarchie e delle Lobby che le gestiscono. Andiamo avanti nella lettura e troviamo quanto segue : "...Le riforme per affrontare le rigidità delle nostre economie e migliorare il loro potenziale di crescita sono complesse e dolorose da implementare. Alcuni di essi richiedono investimenti finanziari che non sono possibili in un periodo di consolidamento. Alcuni altri producono effetti solo dopo un certo tempo, troppo tempo per la pazienza di molti cittadini ed elettori. I cittadini, e gli elettori, sono pronti ad accettare i sacrifici necessari per reinventare le nostre economie. Ma hanno bisogno di vedere una ricompensa, un ritorno. Quindi, se prendiamo sul serio la necessità di supportare le riforme strutturali degli Stati Membri, abbiamo bisogno di garantire un sistema di incentivi finanziari mirati in cambio di una maggiore sorveglianza e coordinamento.. Questi incentivi possono espandere le opzioni per i governi alle prese con il consolidamento fiscale e rappresentare agli occhi di un'opinione pubblica un segnale che l'Europa è un partner a sostegno della loro sforzo..." Anche in questo caso il pensiero Lettiano mi sembra molto chiaro, fare di tutto per l'€uropa anche chiedendo dolorosi sacrifici ai cittadini, che a dire di Letta sono pronti ad accettarli. È evidente il riferimento alla crudele dottrina economica Montiana e tedesca che abbiamo visto QUI. Nel sottolineare le proprie preoccupazioni nei confronti del crescente sentimento anti €uropeo, Letta dice : "...Il disincanto verso l'Europa è forte sia all'esterno sia all'interno della zona euro. In Italia, dove l'opinione pubblica è tradizionalmente filo-europea, la fiducia nell'Unione europea è scesa dal 75% al 30%. Ciò che è interessante è che i sentimenti anti-europei sono comuni a Sud e Nord Europa, ma per ragioni opposte. Nell’Europa meridionale i cittadini non riconoscono più le istituzioni dell'Unione europea, come migliori delle istituzioni nazionali. Questo è il risultato di un disincanto generale verso la politica, ma anche un segno che l'Europa non è più vista come una soluzione, ma è [divenuta] un problema. Nel Nord Europa, il supporto per le istituzioni dell'UE è sceso al di sotto di quello per le istituzioni nazionali. Questo spiega perché molte voci in tutta la regione stanno richiedendo un rimpatrio di competenze a livello nazionale A mio avviso è necessario che nel periodo precedente alle elezioni il centro del nostro dibattito si sposti da procedure, indicatori, norme di merito, a ciò che l'Europa può fare per aiutare gli Stati Membri a combattere la disoccupazione, a promuovere la competitività dei settori produttivi, a sfruttare nuove fonti di crescita come l'economia digitale. Il Consiglio europeo di giugno è stato un passo importante in questa direzione. Oltre a questo, le elezioni dovrebbero consentire di affrontare diversi programmi politici sull'Europa. E' importante che i cittadini sentano che le elezioni europee sono reali, che possano scegliere diversi candidati alla carica di presidente della Commissione, e che possano influenzare la direzione delle politiche a livello di UE. Se le elezioni sono un confronto tra tecnocrazia e populismo, rischiamo un contraccolpo. Il prossimo Parlamento europeo potrebbe essere il parlamento più euro-scettico mai. Un Parlamento che non può essere un motore per l'Europa, ma è un freno al processo decisionale collettivo. Quindi, a mio avviso, abbiamo bisogno di trovare un giusto equilibrio tra un pragmatismo realistico e il giusto livello di ambizione per il futuro. Mentre completiamo e attuiamo le misure concordate per il breve termine, non dobbiamo perdere di vista l'importanza di obiettivi a più lungo termine. Una volta che abbiamo restaurato la fiducia nelle istituzioni dell'UE e forgiato un nuovo consenso politico su ciò che è necessario per un’UEM stabile e un'Unione Europea più forte, possiamo riflettere sul fatto che il set up attuale fornisca o meno una base giuridica adeguata o se abbiamo bisogno di una modifica del trattati. Questo sarà anche l'occasione per riflettere su come siamo in grado di conciliare le esigenze di quei membri dell'UEM che hanno bisogno di una maggiore integrazione economica, finanziaria e fiscale e di quegli Stati membri che vogliono conservare un maggior grado di autonomia sovrana all'interno dell'Unione Europea..." Evidenziando il fatto di essere perfettamente a conoscenza del "disincanto" dei cittadini verso questa €uropa e le sue istituzioni, Letta suggerisce delle linee guida chiare e precise in merito alla campagna elettorale pro-euro e pro-€uropa da condurre. Quello che propone è di lavorare sottotraccia, facendo un'opera di comunicazione che faccia intendere alle persone che risolvere i nostri problemi è la loro priorità (tipo il lavoro), e allo stesso tempo far passare il messaggio che chiunque possa contare veramente nelle decisioni europee. La sua paura Letta la esprime con queste parole "Se le elezioni sono un confronto tra tecnocrazia e populismo, rischiamo un contraccolpo. Il prossimo Parlamento europeo potrebbe essere il parlamento più euro-scettico mai. Un Parlamento che non può essere un motore per l'Europa, ma è un freno al processo decisionale collettivo". Pertanto trovare un punto di equilibrio fra il messaggio subliminale da far arrivare agli elettori, per fargli riacquistare fiducia nelle istituzioni europee, e il poter continuare ad operare per modificare gli assetti istituzionali dei paesi dell'eurozona (leggasi attacco alla Costituzione), per portare avanti l'integrazione europea, diventa l'obiettivo primario da raggiungere nell'immediato. Da KDP by @spud85 : Essi dicono. Episodio 2: Enrico Letta al Bruegel E dopo i due post della serie "Essi Dicono", le considerazioni di @KappaRar : Il senso di Enrico e Giorgio per la stabilità. Per quanto riguarda le mie considerazioni sono le seguenti : 1 - tanto Letta quanto Napolitano sono totalmente fedeli alla causa tecnocratica €uropea, basti considerare il cambio di opinione del Presidente della Repubblica fra il suo discorso alla Camera del 13 Dicembre 1978 e il Messaggio inviato all'Ambrosertti, mentre per Letta parla il suo libro "Euro si. Morire per Maastricht" non proprio un titolo rassicurante; 2 - entrambi sono consci che i popoli europei sono ormai distanti anni luce dalle istituzioni €uropeee e dal sogno USE, ma nessuno dei due ha l'umiltà e l'intelligenza di chiedersi in cosa e dove hanno sbagliato, ma anzi, in special modo Letta, è convinto che sia possibile infliggere altro dolore tramite riforme strutturali di tipo tedesco (alias taglio dei salari), e che la gente sia pronta ad accettare altri sacrifici; 3 - il totalitarismo €uropeo di cui sono intrisi, non gli permetti di vedere altra via se non quella del più €uropa a tutti i costi, non hanno il minimo ripensamento in merito al fallito e fallimentare progetto/sogno Sati Uniti d'Europa, ed anche qui un Letta più machiavellico di Napolitano, suggerisce una sottile tattica doppiogiochista da attuare nei confronti dei cittadini in nome del Solo €uropa! Se non vi ho annoiati, buona informazione a tutti. Dai 4 di KDP ci arriva un'interessante e, a mio modo di vedere, condivisibile analisi del Messaggio che il presidente Napoitano ha inviato a Cernobbio in occasione del trentanovesimo forum Ambrosetti.
Ecco l'inizio : "... IL Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della trentanovesima edizione del Forum di Cernobbio, ha inviato ad Alfredo Ambrosetti, Presidente Onorario di 'The European House - Ambrosetti', un messaggio in cui sottolinea che il forum "si conferma, anche quest'anno, una importante occasione di confronto e scambio di opinioni sulle sfide politiche, economiche e sociali che le nostre società e le nostre istituzioni si trovano ad affrontare..." in questo caso l'analisi su KDP è questa : "...(IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA INTENDE MANTENERE SOTTO CONTROLLO L’ASSETTO POLITICO ATTUALE, APPOGGIANDO LE FORZE CHE SOSTENGONO LA LINEA ECONOMICA SOSTENUTA DALLA GERMANIA ED ISOLANDO FENOMENI PSEUDOCRITICI IN PARLAMENTO COME IL M5S. LA CADUTA DEL GOVERNO ED IL RICORSO ALLE URNE POTREBBERO LIBERARE I CRESCENTI MALUMORI ANTI-UE DIFFUSI TRA IL POPOLO: PER QUESTO MOTIVO, IL GOVERNO VERRA’ PROBABILMENTE MANTENUTO IN VITA FINO A CHE NON SI SARA’ PROCEDUTO ALLA DEFINTITIVA LIQUIDAZIONE DI BERLUSCONI E ALLA FORMAZIONE DI UN NUOVO SOGGETTO POLITICO DI FORZE CENTRISTE FEDELI ALLA UE.)..." Alla suddetta analisi, aggiungerei il fatto che considerare l'Ambrosetti, (che si tiene a porte chiuse e da cui trapela poco o nulla) : "una importante occasione di confronto e scambio di opinioni sulle sfide politiche, economiche e sociali che le nostre società e le nostre istituzioni si trovano ad affrontare" mi sembra sia un pensiero un tantino antidemocratico. Ma andando avanti nella lettura del Messaggio, si evince come il Presidente della Repubblica sia fortemente preoccupato dai moti anti€uropei che stanno crescendo nel continente (e ci credo! La verità sull'inganno €uro-peo sta diventando sempre più chiara), pertanto emerge una sorta di fretta spasmodica di Napolitano di far nascere gli USE, affinchè la trappola €uropea sia completa, ed infatti l'acuta analisi su KDP è questa : "...(LA FOLLE IDEOLOGIA ALLA QUALE HANNO ADERITO NAPOLITANO & C. PROIBISCE DI SPERIMENTARE PERCORSI ALTERNATIVI A QUELLO IMBOCCATO, IGNORANDO DI FATTO TUTTA LA TEORIA ECONOMICA NEOKEYNESIANA, AL CONTRARIO DI QUANTO STANNO FACENDO I GOVERNI DI ALTRI PAESI INDUSTRIALIZZATI QUALI IL GIAPPONE E, ATTRAVERSO IL COINVOLGIMENTO DELLA FED, GLI USA. SENZA CONTARE, COSA ANCOR PIU’ GRAVE, IL TRATTAMENTO TERRORISTICO RISERVATO A COLORO CHE PROPONGONO L’USCITA DELL’ITALIA DALL’EUROZONA)..." Certo io ho un lontano ricordo di un Giorgio Napolitano molto diverso, che il 13 Dicembre del 1978, con un gagliardo discorso alla Camera dei Deputati, metteva in guardia sui pericoli di una unione monetaria con i paesi forti del nord europa ed in particolare la Germania, che avrebbe avuto per l'Italia conseguenze catastrofiche come Deflazione, perdita di Competitività e aumento della Disoccupazione! Ecco un passo del discorso : "...Le esigenze poste da parte italiana non riflettevano solo il nostro interesse nazio- nale: la preoccupazione espressa dai no- stri negoziatori fu innanzitutto quella di dar vita a un sistema realistico e duratu- ro, in quanto - cito parole e concetti del ministro del tesoro e del governatore della Banca d’Italia -: Un suo insuccesso comporterebbe gravi ripercussioni sul fun- zionamento del sistema monetario interna- zionale, sull’avvenire e sulle possibilità di avanzamento della costruzione economica europea e sulle condizioni dei singoli pae- si. E come condizione perché il nuovo sistema risultasse realistico e duraturo si indicò uno sforzo volto a contemperare le esigenze di rigore che un sistema di cam- bi deve necessariamente avere con la real- tà della Comunità, che presenta situazioni fortemente differenziate; e in modo parti- colare si sollecitò una flessibilità del siste- ma tale da accompagnare senza sussulti il cammino del rientro dell’Italia verso condizioni economiche generali e, più in particolare, verso condizioni di inflazione prossime a quelle dei paesi più forti. Gli interessi della costruzione comunitaria e gli interessi dell’Italia si sono cioè presen- tati come strettamente intrecciati tra loro. Ma, ciononostante, le condizioni poste da parte italiana sono state in notevole misu- ra disattese, e i rischi paventati e indicati dai nostri negoziatori e da tanti osserva- tori obiettivi, da tanti studiosi ed esperti, rimangono sostanzialmente in piedi. Ella, onorevole Andreotti, ha dato in- vece nel suo discorso di ieri un apprezza- mento largamente positivo dei risultati ot- tenuti, e non ha parlato più dei rischi. Ma l’apprezzamento positivo, punto per punto, strideva, me lo consenta, con il suo stesso giudizio complessivo, secondo cui la riu- nione di Bruxelles ha solo in parte sodi- sfatto le aspettative, dando l’impressione che si dimensionassero sia la suggestiva cornice di Brema, sia taluni propositi di concreta solidarietà che erano apparsi rea- listici nella fase preparatoria. Inoltre, mentre su alcuni punti è ap- parsa corretta la valorizzazione, che noi non contestiamo, dei risultati conseguiti (la possibilità per la lira di oscillare nella misura del 6 per cento anziché del 2,25 per cento; le disponibilità di quello che poi diventerà il Fondo monetario europeo; alcuni aspetti del funzionamento dei mec- canismi di credito), nella sua esposizione, onorevole Andreotti, non sono stati però presentati nella loro effettiva e cruda real- tà i punti più negativi delle conclusioni di Bruxelles. Così, per quel che riguarda gli accordi di cambio in senso stretto, si è teso quasi a far credere che si sia otte- nuta una equilibrata distribuzione degli oneri di aggiustamento o, come si dice, una simmetria degli obblighi di intervento, tra paesi a moneta forte e paesi a moneta debole, in caso di allontanamento dai tassi di cambio iniziali e di avvicinamento al margine estremo di oscillazione consen- tito. Ma l’ulteriore alterazione nell’ultimo vertice di Bruxelles nella formula relativa a questo aspetto essenziale dell’accordo di cambio, quella sostituzione - che può ap- parire innocuamente bizantina - dell’avver- bio "eccezionalmente" con l’espressione "in presenza di circostanze speciali", è stata solo la conferma di una sostanziale resistenza dei paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi ed a sostenere oneri adeguati per un mag- giore equilibrio tra gli andamenti delle monete e delle economie di paesi della Co- munità. E così venuto alla luce un equi- voco di fondo, di cui le enunciazioni del consiglio di Brema sembravano promette- re lo scioglimento in senso positivo e di cui, invece, l’accordo di Bruxelles ha ri- badito la gravità: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più de- boli della Comunità, delle economie euro- pee e dell’economia mondiale, o debba ser- vire a garantire il paese a moneta più for- te, ferma restando la politica non espan- siva della Germania federale e spingendo- si un paese come l’Italia alla deflazione. E ben strano, mi si consenta, che di questo rischio, così presente nelle dichia- razioni del rappresentante del Governo il 10 ottobre alla Camera e il 26 ottobre al Senato, non si parli più nel momento in cui si propone l’adesione immediata, alle attuali condizioni, dell’Italia al sistema monetario europeo. Non voglio ripetere le considerazioni già svolte puntualmente dal collega Spa- venta sui motivi che giustificano e impon- gono un particolare sforzo del nostro pae- se per conseguire un più alto tasso di cre- scita, e sul rischio che invece i vincoli del sistema monetario, quale è stato conge- gnato, producano effetti opposti. Ma desi- dero sottolineare che nulla ci è stato det- to per confutare analisi come quella citata dal collega Spaventa secondo cui, di fron- te ad una tendenza alla rapida svalutazio- ne della lira rispetto al marco, che discen- de dallo scarto attualmente così forte tra tasso di inflazione italiano e tedesco, le regole dello SME ci possano portare ad intaccare le nostre riserve e a perdere di competitività, ovvero a richiedere di fre- quente una modifica del cambio, una sva- lutazione ufficiale e brusca della lira fino a trovarci nella necessità di adottare dra- stiche politiche restrittive. Il rischio è comunque quello di dissi- pare i risultati conseguiti negli ultimi due anni in materia di attivo della bilancia dei pagamenti e delle riserve, quei risultati di cui anche il cancelliere Schmidt, con un giudizio politicamente significativo, ha nei giorni scorsi messo in luce il valore. Il ri- schio è quello di veder ristagnare la pro- duzione, gli investimenti e l’occupazione invece di conseguire un più alto tasso di crescita; di vedere allontanarsi, invece di avvicinarsi, la soluzione dei problemi del Mezzogiorno. Questi rischi erano tanto presenti al Governo e ai suoi rappresentanti nel nego- ziato per il sistema monetario che essi non solo avevano richiesto garanzie _- in materia di accordi di cambio - ben più consi,stenti di quelle che si sono ottenute, ma avevano posto, come una delle condi- zioni non scambiabili con altre, quella del trasferimento di risorse e dalla revi- sione delle politiche comunitarie in fun- zione dello sviluppo delle, economie meno prospere. Si, disse che andava così com- pensata la più rigida disciplina economi- ca, comunque implicitsa nel sistema mone- tario, e che occorreva procedere simulta- neamente nelle diverse direzioni..." (Potete trovare l'intero intervento QUI, alla fine di pagina 24992) La lucidità delle parole pronunciate da Napolitano nel 1978, stridono fortemente con il suo attuale pensiero pregno di un assolutismo €uristico sconvolgente. Ma si sa gli obiettivi e gli interessi possono cambiare... Da Kappa di picche : ESSI DICONO Buona informazione a tutti. KAPPADIPICCHE,VIDEO: THE GREAT EURO CRISIS (ITA)@FedericoNero @KappaRar @Spud85 @arthasastra852/9/2013 I 4 di Kappa di picche ci presentano il loro ultimo (OTTIMO !) lavoro, La traduzione del documentario BBC del 2012 "The Great Euro Crisis" di Micheal Portillo. In merito c'è poco da dire, a parte un enorme grazie al KDP Quartet. Da Kappa di picche : THE GREAT EURO CRISIS ( DOCUMENTARIO BBC SOTTOTITOLATO) |
AutoreI 4 di Kappa di picche Archivio
October 2013
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