STIGLITZ: 5 ANNI NEL LIMBO. DEPRESSIONE, AUSTERITÁ E BANCHE SEMPRE PIÙ POTENTI. By @ProSyn10/10/2013 Il professor Stiglitz su Project Syndicate fa un breve ma preciso riassunto della crisi del post Lehman che si protrae ormai da 5 anni.
Nell'articoo vengono sottolineate le grandissime difficoltà in cui si trova l'economia reale soprattutto Europea, che conta circa 27 Milioni di Disoccupati! Ma anche la sofferenza degli Stati Uniti, mentre le banche continuano a fare tutto quello che facevano prima se non peggio. Da Project Syndicate di Joseph E. Stiglitz : Cinque anni nel limbo NEW YORK – Quando la banca d’affari americana Lehman Brothers è collassata nel 2008, scatenando la peggiore crisi finanziaria mondiale dalla Grande Depressione, sembrava emergere un notevole grado di consenso sulle cause della crisi. Un sistema finanziario sproporzionato e disfunzionale aveva impropriamente allocato il capitale e invece di gestire il rischio lo creava. La deregolamentazione finanziaria – insieme al denaro facile – aveva contribuito a un’eccessiva assunzione del rischio. La politica monetaria fu piuttosto inefficace nel rilanciare l’economia, anche se la continua facilità di fare soldi avrebbe potuto prevenire il totale collasso del sistema finanziario. Sarebbe servita una maggiore fiducia nella politica fiscale, ossia una maggiore spesa pubblica. Cinque anni dopo, mentre alcuni si congratulano con se stessi per aver evitato un’altra depressione, nessuno in Europa o negli Stati Uniti può affermare che la prosperità sia tornata. L’Unione europea sta emergendo da una recessione double-dip (e in alcuni Paesi triple-dip) e alcuni Stati membri sono in depressione. In molti Paesi Ue il Pil resta inferiore o significativamente al di sotto dei livelli precedenti alla recessione. Quasi 27 milioni di europei sono disoccupati. In modo analogo, 22 milioni di americani che vorrebbero un lavoro a tempo pieno non riescono a trovarlo. La partecipazione della forza lavoro negli Usa è scesa a livelli mai visti da quando le donne iniziarono a entrare numerose nel mercato del lavoro. Il reddito e la ricchezza della maggior parte degli americani già da tempo erano al di sotto dei livelli precedenti la crisi. Il reddito di un tipico lavoratore a tempo pieno è di fatti inferiore ai livelli degli ultimi quattro decenni. Certo, alcune cose le abbiamo fatte per migliorare i mercati finanziari. Ci sono stati alcuni aumenti nei requisiti di capitale – ma ben lontano da ciò che è necessario. Alcuni derivati rischiosi – le armi finanziarie di distruzione di massa – sono stati applicati ai cambi, aumentandone la trasparenza e riducendo il rischio sistemico; ma gli ampi volumi continuano a essere negoziati nei foschi mercati over-the-counter, e ciò significa che sappiano poco dell’esposizione rischiosa di alcune delle nostre maggiori istituzioni finanziarie. Alcune pratiche creditizie predatorie e discriminatorie e le carte di credito abusive sono state ridotte; ma ugualmente continuano le pratiche predatorie. I poveri che lavorano sono troppo spesso costretti ad accettare prestiti a tempo a tassi da usura. Le banche che dominano il mercato tuttora impongono pesanti tasse sulle transazioni delle carte di debito e di credito dei commercianti, che sono costretti a pagare molto più di quanto chiederebbe un mercato realmente competitivo. Si tratta molto semplicemente di tasse, le cui entrate arricchiscono le casse private invece di servire a scopi pubblici. Sono stati tralasciati altri problemi, alcuni dei quali sono peggiorati. Il mercato dei mutui in America continua a restare in vita artificialmente: il governo ora sottoscrive oltre il 90% di tutti i mutui, e l’amministrazione del presidente Barack Obama non ha nemmeno proposto un nuovo sistema atto a garantire un’attività creditizia responsabile a condizioni concorrenziali. Il sistema finanziario è diventato ancor più concentrato, aggravando il problema delle banche che non sono solo troppo grandi, troppo interconnesse e troppo correlate per fallire, ma che sono anche troppo grandi da gestire e da rendere conto del proprio operato. Malgrado il susseguirsi di scandali, dal riciclaggio di denaro alla manipolazione del mercato, dalla discriminazione razziale nell’attività creditizia ai pignoramenti illegali, nessun alto funzionario è stato ritenuto responsabile; quando sono state imposte le sanzioni finanziarie, sono state nettamente inferiori a quando avrebbero dovuto essere, mettendo a repentaglio gli istituti importanti a livello sistemico. Le agenzie di rating del credito sono state ritenute responsabili in due cause private. Ma anche in questi casi, ciò che è stato pagato non è altro che una piccola parte delle perdite causate dalle loro azioni. Fatto più importante, il problema di base – un perverso sistema di incentivi secondo cui vengono pagati dalle società che valutano – resta. I banchieri si vantano di aver rimborsato completamente i fondi pubblici di salvataggio ricevuti quando scoppiò la crisi. Ma non menzionano mai il fatto che chiunque ottenesse ingenti prestiti pubblici a tassi di interesse quasi pari a zero avrebbe potuto guadagnare miliardi semplicemente restituendo quel denaro al governo. Né tanto meno menzionano i costi imposti al resto dell’economia – una perdita produttiva cumulativa in Europa e negli Usa che è ben oltre i 5mila miliardi di dollari. Coloro che invece sostenevano che la politica monetaria non sarebbe bastata avevano ragione. Certo, siamo stati tutti keynesiani – anche se per un tempo brevissimo. Gli stimoli fiscali sono stati sostituiti dall’austerità, con effetti secondari prevedibili – e previsti – sulle performance economiche. Alcuni in Europa sono lieti che l’economia possa aver toccato il fondo. Con il ritorno alla crescita della produzione, la recessione – definita come due trimestri consecutivi di contrazione economica – è ufficialmente finita. Ma un’economia in cui i redditi della maggior parte delle persone sono inferiori ai livelli pre-2008 è comprensibilmente ancora in recessione. E un’economia in cui il 25% dei lavoratori (e il 50% dei giovani) sono disoccupati – come nel caso della Grecia e della Spagna – è ancora in depressione. L’austerità è fallita e non c’è alcuna prospettiva di ritorno alla piena occupazione nell’immediato futuro (non sorprende che le prospettive dell’America, con la sua versione più attenuata di austerity, siano migliori). Il sistema finanziario è forse più stabile di cinque anni fa, ma si tratta di un piccolo passo avanti – allora barcollava sull’orlo di un precipizio. Coloro che sono al governo o nel settore finanziario e che si congratulano per il ritorno delle banche alla redditività e alle moderate – benché duramente guadagnate – migliori condizioni di regolamentazione dovrebbero focalizzarsi su ciò che ancora deve essere fatto. Il bicchiere tutt’al più è solo per un quarto pieno; per molte persone è per tre quarti vuoto. Buona informazione a tutti.
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AutoreLeonardo Sperduti Archivio
December 2013
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