Oggi riprendiamo due articoli (Stiglitz su PROJECT SYNDICATE e Gabellini su EURASIA), che descrivono i negoziati che si stanno svolgendo a livello mondiale per creare il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership immagine 1), e il TPP (Trans Pacific Partnership immagine 2). Come si vede dalla prima immagine, con il TTIP si vorrebbe creare un'area di libero scambio fra l'Europa e gli Stati Uniti ( Zone Scure immagine 1), mentre con il TPP la zona di libero scambio interesserebbe tutto il Nord America e vari paesi che si affacciano sull'Oceano Pacifico (Zone Scure immagine 2).
Entrambi gli autori degli articoli, ci mettono in guardia sui pericoli di tali accordi, soprattutto per il comportamento poco chiaro e scorretto degli USA. Partendo da quanto scrive Stiglitz, emerge subito la scorrettezza e l'Asimmetria degli americani nei confronti dei loro eventuali futuri partner, infatti Il professor Stiglitz scrive in merito al precedente del WTO : "...Il Doha Round è stato sabotato dal rifiuto degli Stati Uniti di eliminare i sussidi agricoli – una condizione sine qua non per qualsiasi vero round sullo sviluppo, considerato che il 70% delle popolazioni nel mondo in via di sviluppo dipende dall’agricoltura, direttamente o indirettamente. La posizione degli Usa è stata davvero incredibile, tenuto conto che la Wto si era già pronunciata sui sussidi per il cotone in America – versati a ben 25.000 ricchi agricoltori – giudicandoli illegali. La risposta dell’America è stata di corrompere il Brasile, che aveva presentato una denuncia, e non di approfondire ulteriormente la questione, lasciando soli milioni di poveri agricoltori di cotone dell’Africa sub-Sahariana e dell’India, che patiscono i prezzi depressi a causa della “largesse” americana nei confronti degli agricoltori abbienti..." E a riguardo del TPP ci dice : "...Ci sono alcuni principi base che non vanno dimenticati in questa discussione. Il primo è che qualsiasi accordo commerciale deve essere asimmetrico (ERRORE DELLA TRADUZIONE, NON ASIMMETRICO, MA SIMMETRICO). Se, come parte della “Trans-Pacific Partnership” (TPP), gli Usa richiedono che il Giappone elimini i sussidi sul riso, gli Usa a loro volta dovrebbero eliminare i sussidi sulla produzione (e sull’acqua), non solo sul riso (che ha scarsa rilevanza negli Usa) ma anche su altri prodotti agricoli. Il secondo è che nessun accordo commerciale dovrebbe mettere gli interessi commerciali davanti agli interessi nazionali più generali, soprattutto quando sono in gioco questioni non legate al commercio come la regolamentazione finanziaria e la proprietà intellettuale. L’accordo commerciale dell’America con il Cile, ad esempio, impedisce al Cile l’uso dei controlli sui capitali – anche se il Fondo monetario internazionale ora riconosce che i controlli sui capitali possono essere uno strumento importante di politica macro-prudenziale... ...Infine, deve esserci un impegno alla trasparenza. Ma coloro che sono impegnati in questi negoziati commerciali dovrebbero essere avvisati: gli Usa mostrano una mancanza di trasparenza. L’ufficio USTR è stato riluttante a rivelare la propria posizione negoziale anche ai membri del Congresso americano; sulla base di ciò che è trapelato, si può comprenderne il perché. L’ufficio USTR ha ritrattato sui principi – ad esempio, sull’accesso ai medicinali generici – che il Congresso aveva inserito nei precedenti accordi commerciali, come quello con il Peru..." Da quanto evidenziato da Stiglitz, è chiaro che prima di sottoscrivere eventuali accordi con una potenza economica come quella USA, che vuole imporre sempre la sua egemonia economica e politica, bisogna valutare tutte le conseguenze. Ed in merito alle conseguenze (Negative) che questi tipi di accordi porterebbero a chi dovesse accettarli, arriva l'analisi di Gabellini, che in merito al TTIP (che riguarderebbe l'Europa e quindi l'Italia) ci dice : "...Ancor prima dell’inizio delle trattative finalizzate a dar concretezza al progetto di “area di libero scambio transatlantica”, pressoché tutti i governi europei hanno immediatamente enfatizzato le ricadute benefiche che la costituzione di un mercato unico completamente liberalizzato prometterebbe di generare, soprattutto per quanto riguarda presunti incrementi del Prodotto Interno Lordo complessivo, la crescita (altrettanto presunta) del reddito pro capite e la creazione (ancor più presunta) di centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro. Queste conclusioni si basano ovviamente sulle tesi “friedmaniane”, secondo cui lavorando dal lato dell’offerta si alimenterebbe la concorrenza, determinando una corsa al ribasso sui costi che dovrebbe magicamente produrre un incremento del Prodotto Interno Lordo. Nonostante l’assoluta mancanza di prove a supporto di questa tesi che viene ossessivamente ripetuta da decenni, l’aspetto più deteriore della creazione del TTIP sarebbe tuttavia rappresentato dall’uniformazione dei regolamenti, che, visti e considerati i rapporti di forza tra Stati Uniti ed Europa, è possibile immaginare alla tutela di quali interessi andranno a conformarsi. Prendendo in esame il settore agricolo, va infatti sottolineato che negli Stati Uniti è possibile coltivare e commercializzare Organismi Geneticamente Modificati (OGM), così come utilizzare ormoni per stimolare la produzione di latte bovino e per accelerare la crescita degli animali allevati a scopo alimentare. Il “libero scambio” da un lato determinerebbe l’immediata invasione del mercato europeo di questi prodotti (sulla cui sicurezza aleggiano non pochi dubbi), mentre dall’altro comporterebbe la cancellazione delle denominazioni di origine controllata, non riconosciute negli USA, autorizzando di fatto la commercializzazione di vini, formaggi, oli e di tutte le altre specialità tipiche prodotte in qualsiasi Paese membro del TTIP, infliggendo danni incalcolabili alle piccole e medie aziende locali operanti nel settore. In tal modo, l’area di libero scambio faciliterebbe la penetrazione del mercato europeo da parte dei colossi dell’agri-business, i quali (oltre alle enormi quantità di OGM) immetterebbero cibi trattati con agenti chimici e prodotti agricoli massicciamente sovvenzionati dallo Stato rendendo assai meno competitive le merci locali. Per quanto concerne invece il settore terziario, appare piuttosto significativo il fatto che durante i colloqui preliminari tenutisi nel giugno 2013, Commissione Europea e autorità statunitensi abbiano ventilato l’ipotesi di escludere dalle trattative unicamente i servizi per i quali non esiste offerta privata; acqua, sanità, istruzione e gestione delle strutture carcerarie rischierebbero quindi di subire una vasta, inaudita campagna di privatizzazione che provocherebbe l’eliminazione delle prerogative di cui le strutture statali hanno goduto finora, nonché lo smantellamento definitivo dei sistemi di welfare vigenti in varia forma all’interno di tutti i Paesi europei, da cui trarrebbero enormi guadagni le compagnie statunitensi, abituate ad operare in un sistema quasi completamente privatizzato..." Come si intuisce dalle parole dell'autore, i rischi di questo accordo riguardano innanzitutto le fondamenta fortemente Liberiste del progetto, basato sull'offerta, il rischi per la salute pubblica visto che i prodotti USA fanno massiccio uso di OMG e la preparazione del terreno per effettuare ulteriori Privatizzazioni Selvagge di tutti i Servizi Pubblici (con conseguente distruzione dello Stato Sociale, come visto QUI), di cui pagheremmo le conseguenze due volte, la prima con la svendita del paese (ORMAI UFFICIALIZZATA DA SACCOMANNI) e la seconda con il peggioramento dei servizi erogati e l'aumento dei costi per usufruirne. Il quadro generale è particolarmente cupo ed inquietante, e ricorda un qualcosa che nella storia è già avvenuto, ovviamente con conseguenze nefaste, infatti Gabellini continua : "...Il TTIP presenterebbe quindi svariate analogie con la “area di libero scambio” sognata dai latifondisti cotonieri del sud degli Stati Uniti verso la metà del XIX Secolo. Questi grandi proprietari terrieri – i quali mantenevano un rapporto di stretta interdipendenza con la potenza centrale allora dominante, ovvero la Gran Bretagna, il cui sistema manifatturiero manteneva estremamente elevata la domanda internazionale di cotone – promuovevano linee politiche fondate sui presupposti propri alle teorie liberiste degli “economisti dell’impero” David Ricardo ed Adam Smith; l’area di libero scambio da essi pretesa avrebbe consolidato il rapporto di subalternità geopolitica che intercorreva tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, relegando i primi al ruolo di fornitori di materie prime per conto dei sistemi industriali dei secondi. Non a caso il TTIP è stato paragonato a una sorta di “NATO economica”, poiché se l’Alleanza Atlantica è chiamata a circoscrivere drasticamente il raggio d’azione delle potenze europee, sottoponendolo alla volontà statunitense, l’area di libero scambio transcontinentale mirerebbe a “disciplinare” i rapporti economici con i Paesi che minacciano di intaccare la supremazia statunitense. Non rappresenterebbe infatti una novità che l’intensificarsi delle relazioni commerciali funga da volano per il consolidamento di strette relazioni politiche, sorrette da particolari intese riguardanti i comparti strategici di maggiore rilievo (come l’alta tecnologia). Il TTIP patrocinato da Washington appare pertanto uno strumento “imperialistico” finalizzato a legare indissolubilmente le due sponde dell’Atlantico in un rapporto geoeconomico ideato su misura delle necessità statunitensi. Rafforzando il potere dei mercati finanziari e delle imprese multinazionali sui poteri politici locali attraverso l’incoraggiamento di una concorrenza tra sistemi legislativi atta ad agevolare la pratica del dumping nettamente sfavorevole alle finanze pubbliche, alla conservazione delle condizioni di lavoro, alla tutela dei salari, della sanità pubblica e del benessere generale delle popolazioni , il mercato transatlantico è il risultato di decisioni politiche dettate dalle pressioni esercitate dalle lobby industriali e, soprattutto, finanziarie. Il TTIP si propone di estendere le logiche del “mercato aperto” a livello planetario, in modo da piegare le resistenze opposte dalle popolazioni autoctone di Paesi come l’Ecuador (in cui la Bechtel ha dettato legge per molti anni) assicurando alle grandi compagnie il diritto di depredare le risorse naturali e stringere ulteriormente le nazioni nella morsa del debito..." L'argomento è estremamente interessante ed attualissimo, visto che "sembra" mostrare tutti i pezzi del puzzle del processo di rafforzamento ed espansione della Globalizzazione. Eccovi quindi i due post (in Italiano) : Stiglitz : LA FARSA DEL LIBERO SCAMBIO Gabellini : TTIP E TPP, STRUMENTI DI DOMINIO STATUNITENSE Buona informazione a tutti.
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AutoreLeonardo Sperduti Archivio
December 2013
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