Che la libera informazione avesse iniziato a dare fastidio all'€uroPude è diventato chiaro in questo post di Bagnai, ed in questo passaggio : Quarantotto torna sull'argomento con un articolo ad hoc che voglio riproporvi per avere un quadro più chiaro del futuro sul reato di opinione :
LA VERITA' DEMOCRATICA, L'OLIGARCHIA €UROPEA E I REATI DI OPINIONE Vi sottopongo un commento al post di ieri che pone l'attenzione su un problema essenziale. E perciò merita un focus tutto suo. E non solo sullo scenario dell'euro-exit, ma, proprio su uno degli aspetti fondamentali della "verità" nascosta, in specie sulle vere ragioni di quella "alienazione" della pubblica amministrazione dal cittadino, apparentemente inefficiente e ottusamente burocratico-penalizzante, che dà la stura ai livorosi contro lo Stato e a favore dell'€uropa: Buongiorno, un punto che lei ha già discusso più volte è il probabile tentativo di "riciclarsi" di tutte queste persone che ora prendono queste decisioni scellerate, quando sarà evidente a tutti la disfatta. Ovviamente non sarà possibile un ricambio totale della pubblica amministrazione e credo nemmeno della politica. Il dubbio che mi sorge però è: abbiamo ancora le competenze per gestire la sovranità? Lei ha un punto di vista privilegiato: quante sono le persone nelle Istituzioni che sarebbero pronte per un cambio di paradigma? Il discorso è analogo all'industria: a forza di deindustrializzare e finanziarizzare, quanti sono gli imprenditori italiani che saprebbero approfittare della trasformazione? Le domande non sono provocatorie, ma servono per farmi un'idea il più possibile realistica della situazione (solo uno come Prodi direbbe che visto che non ci sono più competenze tanto vale fare gli Stati Uniti d'Europa). Spero di non fare domande troppo banali, ma sono nato dopo il cosiddetto "divorzio", sono cresciuto nel "sogno" dell'euro e devo dire che leggendo questo ed altri blog mi si è aperto un mondo che non immaginavo. Con stima, GianRisposta (opportunamente integrata in questa sede): Nell'immediato, non avremmo le competenze di governance e di capacità industriale, in effetti. Ma, pur essendo ciò un grave problema, si era profilato anche nel 1943-45 (anche se sul piano produttivo al tempo la questione era più semplice). Nella pubblica amministrazione, il problema sarebbe minore: la complicazione normativa, procedurale e gestionale, deriva essenzialmente dal caotico sovrapporsi di standard e slogan UE e dall'ossessione fiscal-finanziaria che ci ha inondato da Maastricht in poi. Insomma, senza l'€uropa, (e purchè non si faccia come Cameron), l'idea di rendere la p.a. un interlocutore che freni, punisca, metta in stallo, pur di non dover erogare un pubblico beneficio (in modo da rispettare i parametri di Maastricht!), dovrebbe venir meno. E con esso pure le pletoriche strutture e sprechi legati alla cosmesi politically correct UE...Hopefully Di questi aspetti, nell'ambito di un discorso più ampio, abbiamo parlato in questo post e in quest'altro. Fin dall'esordio di questo blog. Ma, c'è un "ma". Non basta che la verità su questi aspetti sia coperta da un rigoroso blocco mediatico che noi riassuntivamente chiamiamo PUD€. Ora, visto che qualche squarcio di informazione veritiera pare diffondersi, - non molto, ma per "loro" è sempre troppo- si preannuncia che dire la verità, in dissenso dalla propaganda ufficiale, diventerà reato d'opinione."...quello che ci stiamo dicendo qui potremo dircelo ancora per poco, la critica alla troika sta diventando reato di opinione in Grecia, e presto lo sarà in tutta l'Eurozona". Dobbiamo perciò correggerci. Avevamo detto che: I "reati d'opinione" non sono una costruzione europea. L'Europa si disinteressa "operativamente" della materia con la famosa clausola dell'art.6 del TUE. Lascia la materia alla sfera di competenza degli Stati. E alle enunciazioni delle varie Carte dei diritti, entrate a far parte del diritto internazionale generale. E neanche a dire che i "reati di opinione" non siano stati affrontati e stigmatizzati, più o meno direttamente, nelle Costituzioni democratiche, sicuramente in epoca anteriore a Maastricht, e nello stesso diritto internazionale generale. Il punto è che sia la Corte costituzionale che la stessa Corte Europea dei Diritti dell'Uomo prendono da decenni posizione, cassandoli, sui vari "reati" di questo tipo, caratterizzati da clausole spesso incentrate sulla tutela della "personalità dello Stato" o il "sentimento religioso", cioè clausole c.d. "generali", in cui è più forte il pericolo della indefinizione dei presupposti che possono portare alla punizione dell'individuo. In Italia, la materia è stata rivisitata, sulla scorta di varie pronunce della Corte costituzionale, dalla legge 24 febbraio 2006, n.85. Ma è un fatto che, se la Corte non è intervenuta prima degli anni 2000, è perchè questi reati sono praticamente in desuetudine, cioè in concreto disapplicati. E grazie all'art.21 Cost.: ma più ancora, alla grande sensibilità che la Costituzione democratica pluriclasse ha innervato nel senso condiviso della comunità (smentendo che questo possa mai incentrarsi sul solo "diritto di proprietà") senso condiviso che v.H.avrebbe certamente condannato, perchè frutto della deprecabile "demarchia". Come pure è un fatto, che a seguire la teoria generale dello Stato e del diritto naturale (Legge) di v.H., oggi, avremmo come fattispecie penali, duramente punite, lo "sciopero" e l'"associazione sindacale Dovremo prendere atto che l'Europa non si disinteressa più del problema. Evidentemente, non considerando più controllabile il dissenso che si affaccia nei singoli Stati e, questi ultimi, come affidabili controllori (in sub-appalto). Ma questo, a onor del vero, è uno sviluppo del tutto coerente con quanto esposto nel passaggio sopra riportato. Va infatti chiarito che i "reati d'opinione", non sono tanto il portato dei regimi totalitari del '900, che sopprimendo le libertà civili e l'effettivo diritto di elettorato, e radicalizzando la coincidenza tra "partito unico" e istituzioni dello Stato, semplificavano il quadro: cioè rendevano reati commissivi, o di omissione, a fattispecie molto ben definita, il solo essere sospettati non tanto di "pensarla diversamente", ma la semplice "non adesione" alle manifestazioni istituzionali del regime. Bastava cioè esser parte di una formazione politica - o anche solo culturale- non coincidente con il partito totalitario per essere contro lo Stato, senza distinzioni. I "reati d'opinione", invece, sono tipicamente espressione degli Stati liberisti-oligarchici, dove vige l'apparente eguaglianza formale ma le posizioni di partenza, differenziate, tra i cittadini, sono concepite come il frutto di un naturale sviluppo delle diverse capacità e meriti degli individui. E su questa premessa, lo Stato, tutelerebbe l'intera società provvedendo, con le sue politiche, a ratificare ed a rafforzare le differenze sociali di fatto (o anche il canale preferenziale dato a chi si adegua alle gerarchie istituzionali e sociali così sancite. Autentica "chicca"). Ecco che, allora, criticare l'assetto distributivo "ineguale", diviene un attentato all'ordine costituito. E questo, naturalmente, include la sua forma operativa, cioè il diritto di associazione sindacale e di sciopero, ma, ed è questo il punto, anche la premessa di ciò: cioè la mera analisi, in base a strumenti scientifici (economici, sociologici, giuridici) della falsità dell'idea che le diseguaglianze di fatto corrispondano a un ordine naturale. Il che mina alla base il "liberismo" e il suo volto concreto del capitalismo "sfrenato", basato sulla negazione del conflitto sociale, sul lavoro come "merce" e sulla istituzionalizzazione dell'"esercito di riserva dei disoccupati". Caratteri eloquentemente perseguiti dalle attuali politiche €uropee a trazione germanica. Diviene allora chiaro come, il disegno di Maastricht-Lisbona, imperniato sull'euro, nella fase del suo trionfante consolidamento, ricorra, senza più preoccupazioni di facciata (la famosa cosmesi e i vuoti enunciati di qualche norma dei trattati), alla riedizione del reato d'opinione. Confermando la sua natura di super-ordinamento sovranazionale, liberista e oligarchico, giunto a un punto di affermazione incontrastata, tale da poter definitivamente dichiararsi come tale, eliminando una volta per tutte l'ingombro delle Costituzioni democratiche; le cui clausole, complessivamente, escludevano e sigillavano, nel campo della disapplicazione de facto, i residui ottocenteschi dei reati di opinione, laddove ancora sopravvissuti all'affermazione della Sovranità come processo costituente popolare volto all'affermazione dei diritti sociali. Eccoci serviti, dunque. Chissà se potremo mai più ripetere un discorso come questo..." Buona informazione a tutti.
0 Comments
Leave a Reply. |
AutoreQuarantotto Archivio
October 2013
|